Raggiungere e conservare il diritto per un brevetto è difficile. Ma è il modo più efficace per ottenere il massimo rendimento della capacità innovativa brevettata.
Lo sviluppo delle nostre economie è decisa dalla protezione dell’innovazione, grazie al diritto di proprietà intellettuale che da sempre determina un fattore decisivo, dove al suo interno riconosciamo elementi diversi come il diritto dei marchi, dei brevetti, del disegno industriale, del know-how e il diritto di autore.
Un passo fondamentale di questi anni, per il crescere dell’ecosistema startup, è il saper identificare e dare un merito all’inventiva, sostenendo gli ideatori, dando modo alle piccole attualità innovative di sopravvivere e salire, pur avendo scarse risorse economiche e senza forze contrattuali.
Rapportandoci all’ecosistema startup, tra tutti i diritti spicca in particolare il diritto al brevetto. Tramite un contratto sociale approvato tra l’inventore e lo Stato, la quale riceverà dallo Stato il privilegio di trarre, per un lasso di tempo comunemente di 20 anni, il diritto di monopolio. Questo contratto garantirebbe all’ideatore, il giusto compenso per lo sforzo impiegato nello sviluppare l’innovazione e da un lato abiliterebbe la scoperta agli occhi della comunità.
Lo sfruttamento del diritto di brevetto non deve essere, come nel caso delle startup, una mossa difensiva ma deve essere un’azione da valorizzare per sfruttare l’effetto leva che può avere nel attrarre potenziali capitali dimostrando le potenzialità dell’innovazione brevettata
Il percorso per ottenere e mantenere il diritto di brevetto è assai difficile, soprattutto se promosso da startup e realtà giovani. I costi e i tempi di consenso, intorno ai 3 anni, sono elevati ma per
trarne vantaggi significativi a lungo termine, ripagandone lo sforzo, è di portare la domanda di brevetto nella strategia più corretta in relazione al proprio business, dando modo di cogliere e sfruttare le varie opportunità nelle differenti fasi strategiche e di mercato.
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